
Alfonso Bellia
Medico, Endocrinologo. Ricercatore
@alfonsobellia
bellia@med.uniroma2.it

di Alfonso Bellia
“Dottore, ho l’insulina alta, per questo ingrasso” oppure “Io sono IPERINSULINEMICA, faccio la #dieta e non dimagrisco”. Quando la visita medica inizia così è meglio mettersi comodi perché molto probabilmente ci vorrà del tempo… Affermazioni di questo genere – che certamente fanno seguito ad un problema vissuto con grande difficoltà dalla persona – sono infatti figlie di convinzioni inveterate da tempo e pertanto difficili da smontare. Si tratta di un classico caso in cui l’effetto viene confuso con la causa.
Ricordiamo prima di tutto che l’ #insulina è il principale ormone regolatore del metabolismo energetico nel nostro organismo; vale a dire che l’insulina è responsabile di come utilizziamo i macronutrienti assunti con l’ alimentazione, se dobbiamo cioè usarli per produrre energia o dobbiamo in qualche modo “conservarli”. La definizione stessa “insulino-resistenza” sta ad indicare una condizione in cui l’insulina prodotta dal pancreas non riesce a funzionare correttamente (i tessuti periferici sono cioè diventati “resistenti” all’insulina), per cui il pancreas stesso deve rilasciarne nel sangue una quantità maggiore per superare questa “ #resistenza ”. Ciò accade per diverse ragioni, la più frequente delle quali è proprio l’accumulo di grasso per eccesso di introito calorico, ma possono esserci anche alterazioni genetiche a causare l’insulino-resistenza, in questi casi spesso senza problemi di peso ma con problemi di altro tipo quali disturbi del metabolismo dei #carboidrati e dei lipidi. Dunque non è vero che ingrassiamo PERCHE’ siamo insulino-resistenti; piuttosto il contrario, aumentando di peso i nostri organi e tessuti rispondono meno al segnale promosso dall’insulina, mentre dimagrendo anche la nostra insulina nel sangue – magicamente! - si ridurrà in misura più o meno proporzionale.
A questo punto ci si può anche domandare: come si fa diagnosi e, soprattutto, come si misura l’insulino-resistenza? La risposta è però piuttosto complessa, innanzitutto perché non ci sono metodiche standardizzate nella pratica clinica (cioè facili da eseguire e il cui esito sia davvero in grado di indirizzare la decisione del medico). Possiamo dire che a volte basta la visita specialistica e l’anamnesi per fare diagnosi di insulino-resistenza, mentre test più impegnativi quali la curva da carico orale di glucosio (o addirittura il “clamp euglicemico iperinsulinemico” che usiamo in ricerca clinica) sono da riservare a casi selezionati.
Ma a prescindere da queste speculazioni, il messaggio più importante per il paziente è uno solo: la medicina più efficace per ridurre l’insulino-resistenza è cambiare le proprie #abitudini di #vita, in termini di #alimentazione equilibrata e disponibilità a fare esercizio fisico; in questo campo i farmaci hanno un ruolo secondario, e solo in casi selezionati che sta allo specialista individuare.